Alfani e il terremoto della Garfagnana del 7 settembre 1920
Preceduta da una più leggera scossa il giorno prima alle 15:06 circa locali, la scossa principale, avvenuta il 7 settembre 1920 alle ore 6:56 locali, ebbe una durata di circa 20 secondi.
Il terremoto causò effetti distruttivi in un'area di circa 160 kmq estesa dalla Lunigiana alla Garfagnana. I villaggi di Capraia, Montecurto, Vigneta e Villa Collemandina furono distrutti quasi completamente. In particolare a Villa Collemandina il terremoto, oltre a distruggere pressoché totalmente l'abitato, causò il crollo totale del palazzo comunale, della chiesa parrocchiale e del suo campanile. Una settantina di paesi (fra cui Fivizzano e Piazza al Serchio) subirono crolli estesi a gran parte del patrimonio edilizio. In altri 160 paesi ci furono numerosi crolli e gravi danni estesi a gran parte del patrimonio edilizio e un centinaio di altre località subirono danni di media entità.
Sopra sono rappresentate case di Villa Collemandina (Fivizzano) completamente crollate.
Qui sopra crolli a Fivizzano
Nel suo saggio Riflessioni sul terremoto delle Alpi Apuane (7 settembre 1920) Alfani non nasconde le gravi difficoltà logistiche e di salute che gli impediscono di andare a studiare il terremoto direttamente sui luoghi colpiti, ma non manca di toni polemici nei confronti di sismologi dalle facili previsioni e da "spregiudicati" giornalisti che gli attribuiscono affermazioni che non ha mai fatto.
Affidiamo alle sue parole le sue osservazioni e considerazioni.
Non è, si può dire, terminato lo scuotimento sensibile del terreno, che subito ne viene richiesta al sismologo, la causa. Molti, (veramente non so come facciano!) trovano subito modo e verso di dare a questa grave e ponderosa domanda la risposta appropriata; non importa se sarà vera o falsa; ma anche qui, una risposta seria e resistente alla critica, esige ben gravi studi, lunghe e minuziose osservazioni, che poi del resto nell'animo dello studioso lasciano sempre un velo di dubbio. Vi sono infatti troppe difficoltà da superare, troppe incertezze da discutere, prima di poter rispondere con qualche grano di serietà scientifica.
I terremoti, per dirla in modo pedestre, e mi sembra opportuno ripeterlo sebbene l'abbia detto e ripetuto più volte, possono paragonarsi agli incendi; si chiamano sempre incendi quantunque la loro causa possa essere diversissima. Anzi, anche in essi, come nei terremoti, non bastano solo le cause, ma sono necessarie anche delle circostanze. E, come sarebbe per lo meno imprudente voler assegnare la causa di un incendio prima di avere eseguito accurate indagini [...] così, e a più forte ragione, ciò si avvera in un argomento cosi complesso e pieno di incognite qual è il fenomeno che stiamo trattando. A ogni modo questo responso non può essere dato se non da chi ha visitato con scienza e coscienza e minutamente la zona colpita, discutendo e vagliando come si deve, la congerie numerosissima di fatti più o meno gravi. Un medico non potrà mai dare un parere sicuro su di un malato senza prima averlo visitato con cura e scrupolosamente.
Ho voluto fare questa seconda premessa per spiegare il perché io non tratterò affatto tale questione. Il grave e intenso lavoro di osservatorio nei primissimi giorni, lo stato di salute malferma poco dopo, mi hanno impedito di potermi recare sui luoghi del terremoto e compiervi quelle ricerche che sarebbero state necessarie per la risoluzione di questo punto importante. Limiterò perciò il mio studio alla parte storica e analitica, che del resto offre non poco interesse e discreta importanza.
Poi Alfani prosegue: Sulla scorta di tali elementi redassi il seguente comunicato per i giornali, che in simili frangenti reclamano con un'insistenza semplicemente terribile e che non concede allo studioso se non pochi momenti di raccoglimento.
Dall'Osservatorio Ximeniano, 6 settembre 1920.
Oggi, circa le 15:06 è stata avvertita una scossa di terremoto moderata, è vero, ma decisamente compresa fra il III e il IV grado della scala Mercalli. Inutile dire che tutti gli strumenti dell'osservatorio anche i meno sensibili l'hanno registrata con caratteri ben definiti, che offrono qualche luce sul fenomeno avvenuto.
Dall'esame dei sismogrammi lasciati dai sismografi Cecchi, si rileva subito che si tratta di una scossa che ha avuto il suo epicentro non precisamente in Firenze, ma ad una certa distanza, e che si computa a circa 70-90 km.
Riguardo all'ampiezza, i pendoli sismografici hanno lasciato diagrammi ben diversi a seconda della loro lunghezza. Infatti mentre nel sismografo più corto il tracciato raggiunge 35 millimetri, nel sismografo più lungo raggiunge solo i 3 millimetri.
Più importanti ancora sono i tracciati degli analizzatori, dai quali si vede chiarissimo che il principio della scossa è stato formato da vibrazioni lievissime che certamente sono sfuggite ai sensi delle persone, ma dopo 10 secondi si nota il cominciare di una serie di ondate ampie e relativamente più lente, (11 in tutto) che sono quelle appunto che sono state sentite dalle persone. L'ampiezza di esse raggiunge 4 o 5 millimetri. Passando ora ad un rapido cenno di quanto hanno lasciato registrato gli strumenti più delicati, dirò che la direzione prevalente è W-S: e che le indicazioni coincidono perfettamente con quelle ottenute dai sismografi Cecchi. Le ampiezze però sono anche in questo caso variabilissime, a seconda della potenza dello strumento ma bisognerebbe una lunga e paziente serie di riduzioni per renderle paragonabili dopo averle riportate al loro valore reale, cosa impossibile in questi momenti di lavoro intenso e necessariamente affrettato.
È però da notarsi una vistosa ampiezza in tutti gli apparecchi destinati alla registrazione del movimento sussultorio (fino a 78 millimetri), il che porta alla conseguenza importante che l'ipocentro deve probabilmente trovarsi molto profondo, e che quindi la scossa deve aver interessato una zona assai vasta. Di qui la difficoltà e la necessaria incertezza nella determinazione della distanza, in tutti gli apparecchi microsismici.
Il carattere è vibratorio sul principio, poi segue, per 3-4 minuti, una lunga serie di ondulazioni, a periodo brevissimo e degradanti in ampiezza.
Come impressione personale e come conseguenza delle numerose registrazioni analizzate sia pure sommariamente, mi pare di poter assicurare che sarebbe irragionevole qualunque timore e che non vi è pericolo alcuno di conseguenze dolorose. Forse all'epicentro potrà farsi sentire qualche lieve ripetizione, ma i caratteri del fenomeno sono tali da escludere qualunque pericolo.
Chi rilegge ora dopo gli avvenimenti tristissimi questo comunicato, non può fare a meno di meravigliarsi della prospettiva rosea e tranquillizzante che vi traspariva, e che certo non faceva neppure lontanamente supporre la terribile catastrofe che andava preparandosi.
Ma l'ho riportato apposta e volentieri perché mi offre il campo a dare delle notizie di un certo interesse.
Durante la nottata dal 6 al 7 mi alzai più volte per sorvegliare gli apparati sismici e rimasi ogni volta più tristemente impressionato nel trovarli assolutamente tranquilli. A mano a mano che il giorno si avvicinava, nel mio animo cresceva un sentimento di preoccupazione gravissima.
E la ragione risulta molto chiara quando si sappia quanto segue: Una statistica accurata fatta dal Prof. Cancani su 300 periodi sismici italiani e confermata poi sempre nella lunga esperienza, ci fa sapere che l'andamento dei terremoti in genere e di quelli italiani in specie, è sottoposto ad un certo ritmo. Il Cancani suddivise i periodi sismici in cinque classi.
Troppo lungo sarebbe riportare le classi di Cancani, basti precisare che Alfani associò la prima scossa del 6 settembre a una delle tre prime classi di Cancani da cui conseguiva che tale scossa non avrebbe avuto repliche importanti, per cui Alfani così conclude: Cosi, come si era presentato il periodo sismico Apuano avevo tutto il diritto di poterlo ascrivere al tipo A o B o C, di poter cioè ritenere la scossa delle ore 15:06 come scossa principale del periodo. Veniva dunque di conseguenza che doveva esser seguita da scosse minori per qualche tempo.
La sovraesposizione mediatica conseguente alla sua grande disponibilità all'intervista e alla sincera esposizione del suo pensiero, che non mancava mai di collocare in un contesto di incertezza di una scienza ancora molto giovane, ma che non sempre era riportato correttamente o in buona fede, portarono a un appannamento della sua immagine in alcuni ambienti che non mancarono di prendersi gioco di lui apostrofandolo come "astrologo".
Ci sarebbe moltissimo ancora da raccontare su Alfani sismologo, e non solo, ma quanto descritto offre già l'essenza del personaggio come scienziato e come uomo.